I gas alimentari sono essenziali nell’industria del caffè. Se, come abbiamo visto in un precedente articolo l’aria è uno dei principali nemici di un buon espresso, CO2 e azoto sono preziosi alleati nel corso di tutte le fasi produttive, perché assicurano una serie di benefici. Il primo tra tutti? Esaltano gli aromi. Ma non solo, i vantaggi riguardano molti altri aspetti relativi al confezionamento del caffè in capsule con atmosfera modificata (MAP).
In questo illustreremo l’impiego dei gas alimentari, in particolare l’uso di CO2 e azoto.
Gas alimentari e produzione del caffè: prime fasi
Prima di entrare nel dettaglio del confezionamento del caffè in capsule, in particolare in atmosfera modificata, e i vantaggi che i gas alimentari assicurano, una premessa.
Nell’industria del caffè, l’attenzione è sempre più rivolta a tutte quelle soluzioni che permettono di preservare le peculiarità del chicco nel corso di tutte le fasi di lavorazione, al fine di assicurare la massima qualità del prodotto finale.
L’interesse, tuttavia, non si limita a questo: le torrefazioni sono alla ricerca di tecnologie in grado di aumentare la produttività, ottimizzare i consumi e offrire soluzioni all’insegna della sostenibilità anche al consumatore finale, sempre più alla ricerca di prodotti rispettosi dell’ambiente.
I gas alimentari e le miscele rispondono a tutte queste esigenze nelle varie fasi.
1. Tostatura e raffreddamento criogenico
Quando il caffè viene sottoposto a tostatura, si generano, per mezzo di reazioni di degradazione ad alta temperatura, delle nuove molecole a partire da quelle che caratterizzano originariamente il chicco di caffè, le quali conferiscono le tipiche caratteristiche aromatiche e di gusto a noi ben note. Per favorire queste reazioni a caldo, senza che si rischi di giungere a un punto di bruciatura del chicco, è consigliabile contenere l’inerzia termica del processo di tostatura e raffreddare in modo repentino il prodotto tostato. I liquidi criogenici interrompono la reazione nel momento ottimale: questo passaggio, molto delicato, se eseguito con tecniche criogeniche permette di non alterare le caratteristiche organolettiche del caffè.
2. Macinazione del tostato
Completata la prima fase, la filiera di produzione delle cialde/capsule rende necessario ridurre il tostato in polvere mediante una macinazione in condizioni controllate. Infatti, durante questo processo, è necessario prestare la massima attenzione all’infiammabilità correlata alla presenza di microparticelle.
La Criomacinazione del caffè (o macinazione criogenica) contribuisce a ottenere entrambi i risultati: l’azoto liquido riduce la finezza media delle particelle rispetto a una macinazione non criogenica, ottenendo un prodotto capace di estrarre maggiormente il sapore con le macchine espresso, permettendo allo stesso tempo di ridurre il calore generato e, per mezzo dell’atmosfera inerte garantita nella camera di macinazione, di ridurre il rischio di infiammabilità.
3. Stoccaggio
La riduzione della percentuale di ossigeno presente all’interno dei silos di stoccaggio, attraverso l’aggiunta di azoto gassoso, aumenta il mantenimento delle proprietà organolettiche del caffè trattato.
4. Degasaggio
L’alternanza dei cicli di pressurizzazione dei silos di stoccaggio con azoto gassoso e di vuoto generato per asportare l’atmosfera in essi presente, allontana la CO2 generata durante la tostatura o liberata nelle fasi di stoccaggio, consentendo così le opportune operazioni di confezionamento. L’utilizzo del gas in combinazione al vuoto consente di velocizzare il processo, che risulta altrimenti il “collo di bottiglia” dell’intera filiera.
Tra la tostatura e la macinazione, è possibile procedere alla decaffeinizzazione: la CO2 cattura e immagazzina la sostanza stimolante.
Completati gli step di lavorazione del caffè, si procede al suo confezionamento, attività che può avvenire con l’introduzione della polvere nelle capsule e nelle cialde dose, oppure in barattoli e sacchetti.
5. Gas alimentari e confezionamento del caffè in capsule
Durante il processo di confezionamento finale del caffè, è possibile impiegare gas o miscele di gas al fine di rimuovere la naturale umidità e l’ossigeno residui nel prodotto, responsabili rispettivamente della proliferazione batterica o di reazioni di ossidazione.
Non solo: CO2 e azoto mantengono la qualità, aroma e gusto del prodotto finale, arrivando ad esaltarli.
Basti fare un esempio: la crema che caratterizza alcune tipologie di caffè è favorita dalla presenza di CO2 nelle capsule monodose. L’anidride carbonica di grado alimentare stabilizza lo strato cremoso che si crea superficialmente, aumentando l’intensità.
Ciò spiega, come mai, nel caffè ottenuto con l’utilizzo della moka e del caffè confezionato sottovuoto, in barattolo o sacchetto, si elimina l’atmosfera, abbattendo il rischio di degradazione del caffè, ma non si otterrà la stessa cremosità.
In sintesi, nelle capsule con MAP, che siano nel flow pack (bustina sigillata) o libere, il gas alimentare (nel primo caso presente tra la capsula e il packaging, nel secondo direttamente nella capsula) accentua alcune caratteristiche qualitative e aumenta la shelf file del prodotto, con beneficio anche di tipo ecologico: maggiore è la vita a scaffale, minore saranno i rifiuti.
Il vantaggio è anche di tipo produttivo, perché i gas ottimizzano i processi, rendendoli ancora più rapidi. E anche in questo caso, con conseguenze positive anche sulla sostenibilità ambientale, grazie a un contenimento dei consumi.
Infine, le ragioni che suggeriscono l’impiego di gas nell’industria del caffè, sono anche strutturali e logistiche: a seconda di quanto venga spinto il processo di degasaggio del caffè, si tende a ridurre progressivamente la quantità di CO2 residua presente al suo interno (e che avrà modo di essere successivamente sprigionata nella confezione). Tendenzialmente, più viene spinto il degasaggio, maggiore è il rapporto tra azoto e CO2 usato nella miscela di confezionamento e viceversa, entro determinate proporzioni. In questo modo, la miscela riesce sia a stabilizzare le proprietà organolettiche del caffè, sia a garantire un prodotto strutturalmente integro dopo il confezionamento. Come? Evitando, in caso di scarso degasaggio, che la capsula si gonfi eccessivamente o che, al contrario, imploda.