L’impiego dell’anidride carbonica nell’industria delle bevande è essenziale: nella produzione della birra questo gas è impiegato all’interno del processo per ottenere prodotti di qualità elevata e costante.

L’anidride carbonica per i birrifici rappresenta, quindi, un elemento chiave. Come può avvenire l’approvvigionamento? In questo comparto, la CO2 può essere quasi totalmente autoprodotta, riciclandola nel processo di fermentazione.

TPI (Tecno Project Industriale), società del Gruppo SIAD, è stata tra le prime realtà a livello globale a introdurre un sistema di recupero della CO2 prodotta dalla fermentazione della birra mediante tecnologia di distillazione (stripper + reboiler).

Questo sistema permette di raccogliere, purificare e stoccare l’anidride carbonica in forma liquida in serbatoi appositi, limitando il rilascio in atmosfera e permettendone il riuso durante le altre fasi della produzione e, ad oggi, l’applicazione di questa tecnologia è lo stato dell’arte di tutte le birrerie industriali.

Vediamo di cosa si tratta e come avviene in pratica il processo di recupero della CO2 e i vantaggi che assicura ai birrifici che si dotano di tale tecnologia.

Produzione della birra e anidride carbonica: il contesto

Il processo di fermentazione della birra ha un ciclo di qualche settimana ed è durante questo periodo che si sviluppa l’anidride carbonica.

Nei primi giorni la CO2 prodotta dalla fermentazione contiene componenti solforosi, alcoli e aldeidi ed è impossibile da riutilizzare in quanto di scarsa qualità.

Per far sì che migliori in maniera naturale serve tempo e questo implica il rilascio nell’atmosfera di una grande quantità di anidride carbonica, tra l’altro con risultati qualitativi comunque non ottimali.

Per questo nell’industria della birra, ormai da 30 anni, è stato mutuata una pratica tipica del settore petrolchimico, lo strippaggio (o stripping): la tecnologia di distillazione che permette di eliminare più velocemente gli ultimi residui di ossigeno dalla CO2 liquida portandolo al di sotto delle 5 parti per milione.

Da qui nasce la tecnologia di recupero della CO2 chiamata “Early Recovery”, installata per la prima volta da TPI in uno storico birrificio del gruppo SABMiller in Polonia. In questo primo impianto, mediante questa tecnologia, il recupero dell’anidride carbonica poteva infatti avvenire in anticipo già al raggiungimento, all’interno del fermentatore, di una qualità della CO2 nell’intorno del 95%, assicurando sia di recuperare un maggior quantitativo di CO2 sia, allo stesso tempo, di ottenere un contenuto di ossigeno nella CO2 liquida tale da non comportare un deperimento a breve termine del prodotto finale. Questo primo passo è stato una rivoluzione per il settore, in quanto ha consentito ai birrifici industriali di recuperare una quantità di CO2 tale da essere autosufficienti nel suo approvvigionamento.

Oggi ci si è spinti oltre, il recupero, la purificazione, la liquefazione e lo stoccaggio della CO2 sono uno standard diffuso e permettono non solo il riutilizzo all’interno dello stesso birrificio, ma anche, in alcuni casi, l’utilizzo nella gasatura di altre bevande.

Quest’attività di riciclo è un ottimo esempio della direzione intrapresa dal Gruppo SIAD ormai da anni: la valorizzazione di un processo capace di ridurre i consumi e azzerare gli sprechi, una transizione ormai necessaria per tutelare il pianeta come dimostra l’attenzione sul tema dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

Birra e recupero CO2, dalla fermentazione all’imbottigliamento con Early Recovery

Ma come avviene in pratica questo processo di recupero e riutilizzo della CO2 nei birrifici? Ecco, in breve, come funziona Early Recovery di TPI.

Lavaggio

Come abbiamo anticipato, la CO2 si forma dalla fermentazione alcolica dei componenti costituenti la birra (acqua, lievito, luppolo e cereali). Dai fermentatori, l’anidride carbonica viene convogliata, innanzitutto, in un sistema di lavaggio, composto da una trappola antischiuma e da una torre di lavaggio.

L’obiettivo in questa fase è effettuare una prima pulizia della CO2 grezza e rimuovere possibili trascinamenti di schiuma, prodotti solubili e altre sostanze inquinanti.

Compressione, essiccazione e purificazione

A questo punto l’anidride carbonica subisce una compressione e viene inviata all’unità di essiccamento e purificazione vera e propria. In questa fase, avviene la rimozione totale delle residue sostanze inquinanti e dell’acqua grazie a un sistema combinato ad alta pressione.

Nello specifico, il sistema di essiccazione è composto da due serbatoi in parallelo che garantiscono la continuità del funzionamento dell’impianto: mentre uno dei serbatoi è in fase di adsorbimento attraverso un materiale essiccante, l’altro è in fase di rigenerazione.

L’unità di purificazione, collocata a valle di quella di essiccamento, si caratterizza per l’utilizzo di carboni rigenerabili che hanno principalmente il compito di rimuovere i composti odorosi mediante il medesimo principio di funzionamento del sistema di essiccazione.

Liquefazione

Una volta purificata, la CO2 dallo stato gassoso viene portata a basse temperature allo stato liquido. Il processo di liquefazione avviene tramite un sistema di refrigerazione a circuito chiuso composto da un gruppo frigorifero a bassa temperatura, un liquefattore, un ribollitore e una colonna di strippaggio.

Nel liquefattore, il gas viene condensato attraverso lo scambio termico con il gas di refrigerazione. La CO2 liquida prodotta, non ancora pura, viene inviata alla colonna di strippaggio, dove fluisce in controcorrente con un gas di strippaggio proveniente dal ribollitore.

Il flusso liquido arriva dunque nel ribollitore dove l’anidride carbonica liquida viene in parte riscaldata al fine di farla evaporare e far sì che si crei il gas di strippaggio che fluisce lungo la colonna.

L’effetto combinato della colonna di strippaggio e del ribollitore serve ad aumentare la purezza della CO2 liquida e a eliminare i gas non-condensabili: difatti, la fase di liquefazione ha anche il compito di completare totalmente la purificazione della CO2, portandola ai livelli di purezza richiesti.

Stoccaggio, vaporizzazione e riutilizzo

Così la CO2 liquida viene trasportata e stoccata in appositi serbatoi. Quando occorre, da questi serbatoi viene inviata a un evaporatore e riutilizzata in forma gassosa per l’imbottigliamento della birra. L’utilizzo di questa tecnologia ha, infatti, il vantaggio di consentire di effettuare l’imbottigliamento con tempistiche differenti dal processo di fermentazione, rendendo le due fasi indipendenti.

Impianti di estrazione, recupero e liquefazione della CO2: quali benefici

Early Recovery di TPI, quindi, è la soluzione per produrre localmente CO2 ad alta purezza (99,998%) partendo da una sorgente “povera”.

Questo impianto di recupero e liquefazione della CO2 è ottimizzato per assicurare un funzionamento automatizzato e una produzione continua, in più ha un design compatto per sfruttare gli spazi con efficienza con soluzioni progettate ad hoc e legate alle esigenze del cliente.

I benefici sono palesi:

  • economicità;
  • rispetto dell’ambiente;
  • alta flessibilità;
  • bassi consumi;
  • rispetto delle linee guida ISBT ed EIGA;

TPI e impianti CO2: consulenza, assistenza e formazione

Ma non è tutto, Tecno Project Industriale è impegnata da decenni nel settore Food and Beverage ed è tra i principali fornitori al mondo di impianti di trattamento CO2.

Grazie a questa consolidata esperienza, quindi, non solo può offrire una gamma completa di impianti di recupero, estrazione e produzione di CO2 chiavi in ​​mano, ma anche una serie di servizi complementari di qualità che vanno dall’intervento di manutenzione e fornitura di parti di ricambio a Service Level Agreement completi, fino al supporto da remoto, avvalendosi di tecnici specializzati, il tutto con l’obiettivo di ridurre i costi operativi e mantenere alta l’efficienza degli impianti dei birrifici partner.

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